venerdì 18 gennaio 2013

Carità libera dalle logiche dell'etica laicista. Forte presa di posizione in apertura della plenaria di Cor Unum

Forte presa di posizione in apertura della plenaria di Cor Unum

Carità libera dalle logiche dell'etica laicista


È assolutamente urgente e necessario far fronte alle logiche dell'etica laicista che, dopo essere stata imposta persino «con la violenza a culture e a popoli del mondo intero attraverso meccanismi politici, giuridici e culturali complessi», veicolando «una visione negativa e distruttiva dell'uomo e della donna», ora tenta di insinuarsi pericolosamente anche tra le maglie della carità della Chiesa.

È molto dura la condanna del cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, nei confronti di quel subdolo modello di etica mondiale che, «pensato da certi organismi internazionali», finisce per condizionare pesantemente stili di vita di intere popolazioni. Lo strumento adottato, denuncia il porporato, è quello del presunto aiuto finanziario e tecnologico per lo sviluppo, sottoposto a precise condizioni da parte dei donatori. Caso tipico «quello legato alla mentalità contraccettiva occidentale -- ha detto il cardinale inaugurando giovedì mattina, 17 gennaio, i lavori della plenaria del dicastero -- e al disprezzo dell'uomo e della donna creati a immagine di Dio, che trovano oggi spazio in forme normative mondiali tipo quelle che si ritrovano nell'ideologia del gender di cui tanto si parla».
Lo stretto legame tra l'evangelizzazione, la fede e la carità, da una parte, e il confronto tra antropologia cristiana e nuova etica mondiale dall'altra, costituiscono argomenti verso cui il porporato ha sempre dimostrato particolare sensibilità, anche in virtù dell'esperienza maturata nella realtà africana. Da qui la scelta di dedicare a questa tematica i lavori della prima plenaria da lui presieduta dopo la nomina alla guida di Cor Unum, avvenuta nell'ottobre del 2010. Scelta rafforzata dalla decisione di allargare la partecipazione ai lavori a quanti nel mondo sono chiamati a portare la carità cristiana.
Proprio a loro il cardinale ha manifestato la sua più grande preoccupazione pastorale, cioè la constatazione dell'imposizione ai Paesi poveri «di norme politiche e culturali che trasmettono ideologie e un laicismo aggressivi, intolleranti e distruttivi di culture e soprattutto della fede», che attentano «culturalmente, politicamente e giuridicamente all'identità costitutiva dell'uomo e della donna come persone, alla loro identità sponsale e alla loro meravigliosa complementarietà nell'amore». Una denuncia corroborata dall'esplicito riferimento a situazioni e comportamenti che comprovano la fondatezza dei suoi timori.
Ciò su cui si dovrà riflettere in questi giorni di lavoro assembleare è «la constatazione -- ha detto -- che alcuni membri della Chiesa che lavorano nel campo della carità si sono lasciati sedurre e inquadrare dall'etica puramente laica delle agenzie d'aiuto della governance mondiale, sino a fare dei partenariati incondizionati e adottare gli stessi obiettivi di destrutturazione antropologica, gli stessi linguaggi e gli stessi slogan».
«La storia dell'occidente -- ha notato il cardinale Sarah -- ha sufficientemente provato il legame tra infedeltà al magistero e perdita della fede». Ecco perché l'invito rivolto oggi agli operatori della carità cristiana convocati a Roma mira proprio a riflettere insieme sulla carità e sull'antropologia cristiana di fonte alla nuova etica mondiale.
Discernimento e vigilanza sono le parole d'ordine che devono guidare quella che il porporato definisce una svolta epocale: tornare alla fede. Guai a permettere alle logiche delle ideologie di prendere il posto del Vangelo, di occupare gli spazi dello spirito: ciò significherebbe contribuire alla secolarizzazione della carità cristiana. Che innanzitutto non è un servizio di solidarietà sociale. Il discernimento «che noi cristiani siamo tenuti a fare alla luce del Vangelo -- ha spiegato -- consiste da una parte nel renderci capaci di aprire gli occhi e l'intelligenza sulle realtà inconfutabili e negative del nostro tempo, e dall'altra di mantenere lo sguardo fisso su su cosa comporta il mistero della presenza di Dio». È necessario, ha chiarito in sostanza, fare di nuovo esperienza dell'amore di Dio per tutto l'uomo, soprattutto per l'uomo di oggi che vive il dramma della distruzione del vero senso dell'amore, che è il dono di Dio.
Il porporato ha messo in guardia dall'azione nel mondo di chi vuole la morte dell'uomo per distruggere il disegno meraviglioso di Dio. Si utilizza -- ha spiegato -- ogni mezzo: da quello finanziario a quello che fa passare per lecito l'asservimento della nuova cultura a una cultura di morte da «mondializzare nel modo più rapido possibile». E si approfitta delle necessità dei Paesi poveri sfruttando, per esempio, la solidarietà e il giusto quanto legittimo soccorso in favore della salute della donna e della madre, per barattarlo con l'imposizione di politiche contraccettive e abortive. È una «situazione inaccettabile», che deve vedere la Chiesa in prima linea nella difesa di tutti i diritti dei poveri.
Altro argomento sul quale il cardinale ha richiamato l'attenzione è quello dell'ambiguità della nuova cultura e del linguaggio a essa legato. Un tema, ha notato, che ha causato problemi anche all'interno della Chiesa e che la nuova evangelizzazione dovrà certamente affrontare.
Infine il porporato ha voluto affrontare l'argomento tematico: conversione, carità e antropologia trinitaria. «In gradi diversi -- ha detto -- alcune istituzioni cattoliche si sono lasciate coinvolgere dall'etica della governance mondiale, impastandola con il Vangelo e con la dottrina sociale. Hanno anche utilizzato quel caratteristico linguaggio ambiguo, si sono allineate alle alle sue condizioni di sostegno finanziario». Ora bisogna cambiare perché la Chiesa non potrà mai trarre beneficio dalla sua stessa secolarizzazione. «La grazia della conversione -- ha detto il porporato -- ci fa uscire da questo quadro e ci fa ripartire in Cristo. La vocazione profetica del cristiano lo chiama a rendere testimonianza al Cristo e ai valori evangelici». Non esiste alternativa.
Alla cultura della morte bisogna opporre la civiltà dell'amore. Una civiltà che «sarà fraterna ma anche filiale», ha detto il presidente. «E sarà alla fine comunione vivente di persone. La carità non è una specializzazione nella Chiesa. È la vita del corpo nella sua interezza, è un appello universale a vivere la nostra fede e ad aiutare l'umanità a crescere, grazie al Vangelo».

(©L'Osservatore Romano 18 gennaio 2013)

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